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L’intelligenza artificiale generativa come la leva di Archimede

Sembra che finalmente l’hype suscitato dalle intelligenze artificiali generative stia calando e, con esso, il numero di articoli allarmistici e la disinformazione su questa nuova frontiera tecnologica. Ad esempio, negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi articoli in cui si è detto che OpenAI, la società dietro ChatGPT, fosse destinata alla bancarotta a causa delle spese giornaliere di mantenimento dei suoi modelli di AI, il tutto senza citare alcuna fonte. Diversamente, un recentissimo studio del sito The Information ha stimato che OpenAI, che ricordiamo essere partner di Microsoft, genererà più di un miliardo di dollari nei prossimi 12 mesi.

Oltre a OpenAI troviamo Nvidia, azienda leader nella produzione dell’hardware essenziale per sviluppare i moderni modelli di intelligenza artificiale generativa, che sta stabilendo record dopo record sul mercato. Anche soggetti inizialmente scettici o critici come Apple e il controverso Elon Musk, sono entrati in questa serrata competizione, sebbene in notevole ritardo. Un ritardo che Alphabet (Google) ha invece colmato integrando l’AI in molti dei propri servizi, in modo analogo a quanto già fatto da Microsoft. L’azienda di Mountain View, il cui storico motore di ricerca non ha accusato il colpo che Microsoft ha provato a portare inserendo GPT-3.5 in Bing, intende sviluppare nuovi modelli di AI superiori alla concorrenza.

In questo scenario dove l’AI si sta rilevando tutt’altro che una bolla, la paura collettiva che potremmo definire “effetto Terminator” sembra essere svanita. Non si trovano più persone che passano il loro tempo a immaginare scenari in cui le AI sterminano l’umanità. L’opinione pubblica appare ora divisa in due: da un lato, ci sono i detrattori e coloro che hanno sperimentato le AI per un breve periodo, perdendo rapidamente interesse (almeno fino alla prossima grande novità), mentre dall’altro lato abbiamo coloro che hanno già integrato le AI nel proprio flusso di lavoro, optando per i vari abbonamenti premium.

Contemporaneamente al declino delle visioni catastrofiche, sono aumentati gli strumenti di controllo e di vigilanza sulla privacy. Ad esempio, è ora possibile decidere se permettere o meno a OpenAI e ad altre aziende di utilizzare il nostro materiale, pubblicato sui social media o su blog/siti, per addestrare i loro modelli di intelligenza artificiale. Ci sono anche diverse cause legali in corso, specialmente negli USA, che potrebbero chiarire i principali dubbi in merito al diritto d’autore.

Per quanto riguarda questioni più scientifiche o filosofiche, come la possibilità che queste GenAI (Generative Artificial Intelligence) possano evolversi in delle AGI (Artificial General Intelligence) con capacità comparabili a quelle umane, o persino superiori (ASI – Artificial Superintelligence), divenendo magari delle entità senzienti, esistono già degli studi basati su preliminari metodologie di indagine.

Lasciando da parte questi dibattiti spesso fuorvianti e basati su visioni ormai obsolete, dobbiamo riflettere su cosa realmente rappresenti oggi l’intelligenza artificiale generativa e quali sono le sue effettive applicazioni. L’ambito che mi affascina e interessa maggiormente è quello editoriale, comprensivo di opere sia letterarie che grafiche. Prima di procedere, desidero fare una precisazione che, benché possa sembrare scontata, ritengo essenziale. Attualmente non esistono intelligenze artificiali capaci di produrre testi, immagini o opere audiovisive in modo completamente autonomo. Esse necessitano sempre di un input o di una sollecitazione umana, comunemente denominata ‘prompt’ (è anche possibile utilizzare dei sistemi che suddividono una qualsiasi richiesta generica in dei sotto-compiti da portare a termine in modo ricorsivo). Nonostante le AI siano senza dubbio un nuovo e rivoluzionario mezzo creativo, esse rimangono, in ultima analisi, degli strumenti software in attesa di essere impiegate da umani. Non si hanno al momento notizie di AI che producano testi o immagini in modo autonomo, secondo una propria ‘volontà’.

Grazie alle intelligenze artificiali, bastano pochi minuti per creare dei post social o articoli che integrano immagini e testo di ottima qualità. Se il nostro obiettivo è scrivere un racconto breve più elaborato di quello che un modello linguistico come ChatGPT è in grado di generare sulla base di un singolo prompt, potremmo impiegare un’ora o qualcosa di più. Infine, per elaborare un’opera ancora più strutturata e complessa, potremmo avere bisogno di alcuni giorni.

È proprio in questa progressiva scala di impegno nell’utilizzo di tali strumenti che l’influenza umana sull’opera finale diviene via via più marcata. Alla fine, l’autore non potrà in totale sincerità rivendicare che l’intera opera sia frutto esclusivo del suo ingegno, ma allo stesso tempo verrà naturale pensare di potersi avvalere del diritto d’autore, ciò nonostante le intelligenze artificiali lo avranno non solo assistito, ma anche amplificato le sue capacità, apportando un guadagno di tempo significativo: ore di lavoro per compiti che in precedenza richiedevano giorni, e giorni per quelli che necessitavano settimane.

Le intelligenze artificiali generative vengono spesso descritte come la ‘nuova rivoluzione industriale’ o come la ‘nuova elettricità’, ed entrambi sono modi validi di esprimere la portata rivoluzionaria di questo fenomeno. Tuttavia, vorrei proporre una nuova definizione, ancor più fondamentale e considerare questi strumenti come l’equivalente della leva di Archimede. Ovviamente, non nel contesto fisico o meccanico, ma piuttosto in ambiti creativi come la scrittura e la produzione di opere grafiche, ossia gli elementi cardine dell’industria editoriale.

Queste evoluzioni avranno indubbiamente ripercussioni sul mercato del lavoro. Rendendo le aziende più produttive, l’AI potrebbe portare ad una riduzione della forza lavoro necessaria, tendendo verso un numero ottimale di impiegati che, inevitabilmente, sarà inferiore a quello attuale. È emblematico il caso di Bild, il tabloid tedesco che ha già licenziato centinaia di persone. Tuttavia, moltissime piccole imprese potrebbero beneficiare di questa maggiore efficienza, diventando più competitive e, di conseguenza, in grado di generare nuove opportunità lavorative.

Oggi è essenziale vedere le intelligenze artificiali generative non come sostituti dell’essere umano, ma come strumenti capaci di amplificare le nostre abilità creative e intellettuali. È fondamentale lasciare da parte le questioni etiche, spesso dibattute ossessivamente, poiché si tratta di strumenti che per quanto siano sorprendentemente diversi da tutti gli altri, come gli altri rispondono alle richieste dell’utente. Allo stesso modo, non dovremmo soffermarci eccessivamente sui dilemmi legati ai diritti d’autore, ma piuttosto sfruttare queste tecnologie nel modo più vantaggioso possibile in attesa che i legislatori facciano definitiva chiarezza.