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Artisti contro l’AI: perché temere il futuro dell’arte?

Recentemente mi sono imbattuto in un gruppo Facebook internazionale dal nome evocativo: “Artisti uniti contro l’AI generativa”. La mia curiosità è stata immediatamente catturata. Quanti artisti possono davvero unirsi in una battaglia del genere? Ho dato un’occhiata al numero di iscritti: più di 160.000. Questo mi ha fatto riflettere. Su miliardi di persone, davvero ci sono 160.000 artisti (prevalentemente grafici) che si oppongono all’intelligenza artificiale? Quanti sono gli artisti “veri” che l’intera storia umana ricorda?

È così che mi è venuta l’idea di fare una stima di quanti siano stati gli artisti accreditati nel corso della storia dell’umanità. Ovviamente non è un compito facile; il concetto stesso di “artista accreditato” è complicato, influenzato da fattori come la definizione di arte, la documentazione storica e i criteri di accreditamento. Ho quindi deciso di affidare questa curiosa domanda al modello pensante o1 di ChatGPT.

Il risultato è stato piuttosto illuminante. Seguendo una metodologia che tiene conto di dati storici e delle fonti più autorevoli, siamo arrivati a stimare che il numero totale di artisti accreditati – definiti come quelli il cui contributo è stato riconosciuto in maniera significativa e la cui opera è stata documentata, studiata o esposta pubblicamente – sia intorno ai 220.000 individui.

Consideriamo le principali discipline artistiche: arti visive, musica, letteratura, teatro e danza. I numeri parlano chiaro:

  • Arti Visive: circa 100.000 artisti accreditati, secondo il Getty Research Institute.
  • Musica: circa 50.000 compositori e musicisti, tra dati del Grove Dictionary of Music e altre fonti rilevanti.
  • Letteratura: circa 50.000 scrittori e poeti, aggiornando le informazioni del Dictionary of Literary Biography.
  • Teatro e Danza: stimiamo circa 20.000 artisti, basandoci sulle fonti disponibili.

In totale, arriviamo a una cifra di 220.000 artisti accreditati nell’intera storia dell’umanità. Questo numero è una stima, certo, ed è soggetta a revisioni future man mano che si scoprano nuove fonti o si rivalutino periodi storici meno documentati.

La vera domanda però è: di questi 160.000 membri del gruppo Facebook, quanti sono realmente artisti con una conoscenza approfondita e un’esperienza significativa nelle discipline artistiche? E quanti invece sono persone che amano dilettarsi con software di grafica, ma che non hanno mai vissuto l’arte come impegno, dedizione e ricerca?

Questo non per sminuire l’entusiasmo o la passione, ma per evidenziare una contraddizione: come possono 160.000 persone proclamarsi rappresentanti di una comunità artistica internazionale, opponendosi a un’innovazione tecnologica che – paradossalmente – potrebbe essere proprio il futuro dell’arte? Gli strumenti cambiano, e così pure l’arte, che non è mai stata fissa e immobile, ma in continua trasformazione.

L’intelligenza artificiale, al di là delle preoccupazioni, rappresenta un’estensione naturale delle innovazioni artistiche. Ogni epoca ha portato nuovi strumenti che hanno rivoluzionato il processo creativo, dal pennello alla fotografia, dalla stampa alla grafica computerizzata. Respingere l’intelligenza artificiale significa rinunciare a una nuova dimensione di possibilità. Molti degli artisti del passato che oggi veneriamo hanno sperimentato e accolto con entusiasmo i cambiamenti tecnologici del loro tempo. Perché allora dovremmo considerare l’AI una minaccia anziché un’opportunità? Non è forse attraverso l’innovazione che l’arte trova nuovi modi di esprimersi?

La verità è che una buona parte degli oppositori dell’AI generativa sono, di fatto, persone che hanno già accolto l’idea di sperimentare con la tecnologia. La maggior parte manipolano immagini, usano software grafici e lavorano digitalmente. L’intelligenza artificiale è solo un ulteriore passo in quella direzione, un modo per spingere ancora più avanti i confini di ciò che l’arte può essere. Accettarla non significa sostituire la mano dell’artista, ma amplificare la sua voce. L’AI diventa un partner creativo, un assistente che consente di esplorare nuove strade, di moltiplicare le possibilità espressive, di ampliare l’immaginazione senza i limiti tecnici che spesso trattengono l’artista umano.

Prendiamo come esempio la fotografia: quando la macchina fotografica è stata inventata, molti artisti l’hanno vista come una minaccia per la pittura. Si pensava che il realismo fotografico avrebbe reso la pittura obsoleta. Ma ciò che è accaduto è stato esattamente l’opposto: la fotografia ha liberato la pittura dalla necessità di rappresentare la realtà con precisione, aprendo la strada a movimenti come l’impressionismo, l’espressionismo e l’astrattismo. La pittura ha potuto esplorare nuove dimensioni proprio grazie alla presenza di un nuovo strumento tecnologico. L’AI generativa potrebbe avere lo stesso ruolo oggi, aprendo nuove frontiere espressive, liberando l’arte dalle convenzioni e dalle limitazioni del passato.

E forse è proprio questo il problema: la paura di dover ammettere che un algoritmo possa essere più creativo, più innovativo, più audace di chi si è limitato a ripetere formule e tecniche apprese senza mai sfidarle davvero. Ma se l’arte è, come dicono, l’espressione più alta dello spirito umano, allora perché avere paura di uno strumento che ne amplifica la portata? Accogliere l’AI significa dare all’arte una nuova prospettiva, un orizzonte più ampio in cui esplorare emozioni, concetti e idee.

L’intelligenza artificiale non è una minaccia per l’arte autentica, ma piuttosto una sfida. È una chiamata a riscoprire l’arte in modi inaspettati, a reinventare il processo creativo. Gli artisti che abbracciano l’AI non stanno abdicando alla loro creatività, ma la stanno potenziando, permettendosi di esplorare territori sconosciuti. Per ogni artista che vede nell’AI una minaccia, ce ne sono altri che vedono un’opportunità, una nuova tavolozza di colori, una sinfonia di possibilità che attende solo di essere suonata.

È giunto il momento di capire che l’arte non si definisce dagli strumenti che si utilizzano, ma dalla capacità di trasmettere un messaggio, un’emozione, una visione. L’AI è solo uno degli strumenti possibili, e come tale, può essere impiegato con talento e passione. Alla fine, l’essenza dell’arte rimane sempre umana: è l’ispirazione, l’intuizione e la capacità di vedere oltre il visibile che fanno la differenza. L’intelligenza artificiale può amplificare queste qualità, ma non potrà mai sostituirle.